È un mondo che viaggia a due velocità – Uomo&Manager – Angelo Deiana

È un mondo che viaggia a due velocità – Uomo&Manager

La globalizzazione economica e tecnologica, lo sviluppo e la ceto-medizzazione dei Paesi emergenti generata dalla condivisione in Rete delle infinite connessioni del Web, sta producendo nuovi modelli culturali che tagliano trasversalmente il pianeta.

Nonostante il rallentamento determinato (momentaneamente) dalla pandemia, grazie a social network e reti, si è generata e diffusa una cultura globale basata sulle mode giovanili (musica, video, cult planetari), su film, sui beni di lusso (dalla Ferrari ai grandi marchi della moda) e sul cibo (dal fast food di Mc Donald alle pizzerie e gelaterie italiane). Allo stesso modo, il calo dei prezzi dei voli aerei sta aumentando i contatti tra persone appartenenti a culture diverse.

La velocità fisica e quella digitale

La velocità della mutazione è sconvolgente. Tutto bello, tutto meraviglioso? No, purtroppo. Il rischio del mondo a due velocità è che ridefinisca i meccanismi di partecipazione aumentando il digital divide, la differenza tra chi ha accesso alla Rete, alle competenze e agli strumenti e chi ne rimane escluso.

È per questo che la sfida dell’istruzione è pressante. Internet è la cultura delle risposte, delle informazioni a portata di mano, delle enciclopedie online, dell’attenzione frazionata, e dà vita a un contesto intorno al tema dell’istruzione tutt’altro che banale. Servono nuove didattiche e nuovi percorsi anti fake news per sfruttare l’effetto benefico della Rete.

In ogni caso, non dobbiamo dimenticare che l’innovazione sociale più importante è proprio quella delle due velocità del mondo: una velocità fisica ed una velocità digitale. E questo anche perché le domande generate dalle due velocità sono tante. Ad esempio, non è che le politiche concepite per garantire la nostra sicurezza e la nostra privacy rendano invece ancora più rischioso il mondo permettendo il controllo a pochi e non lasciandolo a molti? Oppure: non è che le decisioni prese per scongiurare una crisi finanziaria mondiale come, ad esempio, il QE (Quantitative Easing) rischiano di garantirne l’arrivo di altre?

Un nuovo modo di pensare

La verità è che, in questo momento, sappiamo solo due cose: la prima è che non abbiamo tutte le risposte. La seconda è che tutto accadrà in fretta. È per questo che dobbiamo provare a ragionare per approssimazioni e per trend. Paradossalmente, qualsiasi strumento di analisi di breve periodo, per quanto più accurato e preciso, potrebbe rivelarsi assolutamente fallace perché la velocità del cambiamento è talmente alta che potrebbe diventare obsoleto ancora prima di essere sfruttato appieno.

Ed è ancora per questo che sono solo gli strumenti di lettura dei trend di lungo periodo che, per quanto approssimati ed imperfetti, possono permetterci di guardare oltre il nostro orizzonte. D’altra parte, la vastità delle sfide che dobbiamo affrontare e l’incapacità di gestire i problemi in maniera efficace ci stanno già portando a mettere in discussione molti valori fondamentali della nostra società.

È necessario un nuovo modo di pensare. Un modo che prenda in considerazione la complessità e l’imprevedibilità delle situazioni e generi una diversa visione del mondo. In un’era piena di sorprese e innovazioni come quella pandemica e post pandemica, bisogna imparare a pensare e ad agire in modo nuovo. Guardiamoci attorno: c’è dappertutto un incontenibile impulso a fuggire da modelli costruiti con il linguaggio del passato.

La nostra vera possibilità, la nostra sola speranza di garantire il rispetto dei diritti umani e l’integrità morale che il mondo reclama, può avverarsi soltanto attraverso un linguaggio e un modo di pensare radicalmente innovativi.

Stiamo costruendo un paio di occhiali nuovi con cui leggere più chiaramente, al di là del bene e del male, il passato. Occhiali che dovranno essere utili anche per progettare un futuro evolutivo in cui vivere e pensare in avanti verso il mondo nuovo che verrà.

Quote

“Non penso mai al futuro: arriva così presto”

Albert Einstein
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